E’ maledettamente vero che quando ti serve un vigile non lo trovi mai. Questo pensava l’Amedeo Galetti mentre ansimando rincorreva, infagottato nel cappottone nero, l’Alessandro Manzoni.
Era una vecchia storia tra i due: Alessandro Manzoni era un borseggiatore, tossicodipendente e maldestro, che per andare sul sicuro operava sempre sull’autobus cinquantaquattro. Ormai lo conoscevano tutti gli autisti dell’ATM e non solo loro, ma il Manzoni riusciva sempre a cavarsela. Quella sera il Galetti (su soffiata di un tassista) aveva sorpreso il lestofante mente si sbarazzava del “quaja” gettandolo in un cestino dei rifiuti.
-Adesso basta – scattò il vigile Galetti, mentre il Manzoni a sua volta scattava nella fuga.
Il cappotto e la pesante radio ricetrasmittente lo zavorravano non poco e buona parte del fiato del vigile urbano se ne stava andando nel chiedere ausilio alla centrale operativa.
Percorsero così, col fiato che si condensava nell’aria gelida, Via Mazzini, Piazza Missori, Via Amedei e i vicoli che portavano alla via Torino. Non ce la faceva più il Galetti, quando finalmente venne raggiunto dall’auto di servizio, la “Duomo uno”. Saltò a bordo dimenticandosi il casco che ruzzolò lungo il cordolo del marciapiede (non sarà mai più ritrovato) e indicò all’autista la direzione da prendere, il centro città, dove ancora si vedeva scappare il Manzoni tra due ali di passanti indifferenti. Il Vigile autista Canonica entrò subito nel ruolo dell’inseguitore e sistematosi con un colpetto il parrucchino che aveva una fastidiosa tendenza a disporsi sulle ventitrè, diede un deciso colpo di acceleratore fino a far imballare il motore della Giulia.
- La marcia Canonica, la marcia cazzo – sbottò agitato il Galetti, mentre il Manzoni, ormai a un centinaio di metri, cogliendo l’occasione della fermata del diciannove vi era salito con decisione.
- e adesso? – ebbe il coraggio di chiedere l’autista –
- e adesso lo andiamo a prendere, possibilmente prima che arrivi al capolinea-
Ora, c’è da osservare che in quanto a guida veloce il buon Canonica non era un fenomeno, così, nonostante il lampeggiante e la sirena in azione si fermava ad ogni passaggio pedonale e osservava puntigliosamente le indicazioni del semaforo - dobbiamo dare il buon esempio – diceva l’ottimo cristiano –
Intanto il tram si era infilato in Via Orefici e il zoppicante inseguimento ebbe termine in Via Broletto quando con manovra da telefilm l’autopattuglia si pose davanti al tram, bloccandolo.
Il Galetti salì per primo sulla vettura intimando al manovratore di richiudere le porte e attendere. Passò in rivista i passeggeri almeno un paio di volte ma niente, il Manzoni non c’era, volatilizzato.
Poi, improvviso un dubbio tremendo…
-Che ci fa in Via broletto il diciannove?- -Questo è il trentatrè, rispose un coro di divertiti passeggeri –
Avevano inseguito il tram sbagliato. Evidentemente mentre l’auto dei vigili dava il buon esempio in Via Torino, il trentatrè si era accodato al diciannove facendo sorgere l’imbarazzante equivoco.
Il Vigile autista Canonica quella sera se la sentì cantare in diverse sfaccettature, ma anche il nostro Galetti, per farsi sbollire la rabbia e concludere dignitosamente la traballante storia, non ebbe alternativa che passare la notte a Baggio, sotto la casa del Manzoni, fino a che non lo vide rientrare ciondolante verso le cinque del mattino. Anche il Manzoni se la sentì cantare.
Naturalmente il giorno dopo, nel pomeriggio, entrambi erano ai rispettivi posti di lavoro, Il Galetti con gli occhi pesti per la nottataccia, il Manzoni Alessandro sulla cinquantaquattro, con una denuncia in più. Niente di grave in fondo.
Giuseppe Cordini