L'Emilio alzò lo sguardo e la vide ancora. Anche ieri la vecchina era lì al balcone del primo piano. Già è strano starsene a guardare un cortile dal balcone del primo piano, un brutto cortile, ma farlo in una mattina di ottobre, quando anche i gerani sono ormai sotto cellophan e la nebbia scolorisce tutto, è proprio strano.
L'Emilio è uno dei sei vigili del Presidio Stadera, un posto di polizia in uno dei quartieri più ammalati di Milano: un rettangolo di case popolari strette tra il Naviglio Pavese e la Via Meda, un quartiere che i pochi milanesi rimasti ricordano come "la baia del re". Lontana e persa nelle nebbie come quella King's Bay dalla quale partì nel'28 Umberto Nobile col suo dirigibile per l'ultimo sfortunato viaggio. Nello stesso anno veniva costruito questo quartiere nel luogo in cui vivevano centinaia di immigrati meridionali in una disgraziata baraccopoli.
Una vicenda che puntualmente si ripresenta, senza però la memoria di chi vi è già passato. Case minime, uno o due locali con l'acqua in casa e pure il gabinetto personale, senza quelle lunghe attese mattutine in fila alla latrina del ballatoio comune. Case minime sufficienti per i poveri ma strette con i figli che poi crescono e se ne vanno: a volte coi genitori, a volte no. Case minime che negli anni a venire vengono occupate da alcune famiglie palermitane che vedono nel subaffitto agli extracomunitari degli appartamentini abbandonati un lucroso affare. Se non ci pensa il Comune, tanto vale..
Poi il Comune ci pensa e con la cancellazione dei manicomi, ma non dei malati di mente, il quartiere diventa la soluzione di tutti i mali.
Infine arrivano gli spacciatori e la torta ha la sua ciliegina. Ma arrivano anche i vigili: sei pazzi che accettano la scommessa di reinventare il quartiere mettendoci l'anima. - Non sono bravi vigili - dicono i loro capi: uno porta i capelli lunghi e un altro ha perfino un orecchino. Gli altri quattro, - continuano i loro capi cedendoli volentieri - invece di fare contravvenzioni, che è il loro mestiere, si mettono a parlare con la gente.
Ma funzionano, accidenti se funzionano.
L'Emilio è uno di questi. Sale a vedere l'anziana donna e la trova seduta su una seggiola protetta dall'aria pungente del mattino da un telo in plastica trasparente a mò di tenda e con le spalle coperte da uno scialle. Insolito ma regolare, pensa l'Emilio, ma quella corda che le gira intorno alla vita e poi è fissata da una catenella con lucchetto alla ringhiera, quella non è normale.
E` stato il Luigi, mio figlio - dice la donna sorridendo e un poco stupita per tutta questa insolita curiosità, perché lui povera stella, deve andare a lavorare e non mi può lasciare in casa. Io perdo la memoria e certe volte mi è capitato di lasciare il gas aperto senza la fiamma. Un'altra volta mi sono confusa e ho preso lo stradone dove mi hanno trovata i carabinieri: allora, mi lega qua, ma non stringe mica vè!
Io però quando sento tirare la catenella mi ricordo che non devo andare in giro perché mi perdo e posso cadere nel Naviglio.
Poi c'è la Maria del piano di sopra che mi porta da mangiare e anche il te caldo. Cosa vuole, per il ricovero c'è così tanto da aspettare e il Luigi, poverino, non ha la moglie e allora ci arrangiamo così.
Il resto è la solita cronaca di taccuini e di lampeggianti blu.
Giornalisti e telecamere, ambulanza e curiosità degli abitanti del grande cortile: improvvisamente la vecchia non è più trasparente e la vedono tutti. C'è chi chiede a gran voce dove sia lo Stato e chi sapeva tutto ma si fa i fatti suoi. Una bella campionatura.
Per l'Emilio, vigile del presidio della polizia municipale, il problema è uno solo: come spiegare al sostituto procuratore di turno che quello che nel mondo fuori dal portone è chiamato abbandono di incapace, maltrattamento, e qualche altra fattispecie penale, allo Stadera è appena appena fuori dalle regole, ma non è poi così grave, nella legge non scritta dei poveri cristi.
Giuseppe Cordini